Qualche giorno fa ho letto un post su Kinart , il suo autore era piuttosto fumoso sulle motivazioni che lo spingessero a fare tali affermazioni e in alcuni punti il senso delle sue parole è piuttosto confuso così come non sono chiare le conclusioni a cui vuole giungere. Fare la classifica dei disegnatori? Stabilire chi è il numero uno? Stabilire a che posto siamo noi? Io giudico le opere non chi le crea nel senso che io limito gli autori al loro ruolo nell'opera non giudico loro come persone.
Io dietro a post del genere ci vedo insoddisfazione e frustrazione, alcuni di voi non saranno d'accordo con queste mie affermazioni ma vi prego di andare oltre e permettermi di usare questo messaggio per raccontare qualcosa che mi interessa ben più di questo spunto.
Ognuno di noi si sarà trovato in un momento della vita nel quale per vari motivi si riflette su quello che si fa spesso ci conduce su questa difficile strada un senso di insoddisfazione, un'ansia: il momento non è piacevole e si vive male ma se si fa buon uso di quel momento si può trasformare in un passaggio, in una crescita.
Per questo motivo ritengo che l'insoddisfazione e la frustrazione possano portare a qualcosa di positivo, possono darci la forza per cambiare. Tutto questo però succede solo se si riesce ad avere consapevolezza della causa del proprio malessere e se si riesce ad avere la capacità di analisi della propria situazione.
Io, ben spesso, vivo momenti di crisi, dovuti ad una mia mancanza di sicurezza personale acuita dai problemi che arrivano dal lavoro.
Alle volte mi chiedo se sto ricevendo quanto sto dando in termini economici o mi trovo a domandarmi se sto dando del mio meglio, se posso fare il mio operato durando meno fatica ma anche se la mia vita non stia diventando soprattutto lavoro.
Quel che vorrei comunicare con questo mio messaggio è che troppe volte un momento di crisi è accompagnato da un confronto con il resto del mondo e dalla sensazione che gli altri siano tutti più fortunati o non vivano identici problemi. Ne deriva un senso di inferiorità o la sensazione di essere diversi, più deboli. Ecco io sono convinta che non sia così, ogni persona intelligente affronta momenti di cambiamento e quasi sempre sono accompagnati da una riflessione e da una rottura, è il passaggio quasi obbligato per ogni crescita.
L'unica cosa che può essere veramente negativa è se il problema lo si rifiuta, se si finge di non averlo, meglio un dubbio in più che ostentare una spavalda sicurezza sempre.
Quest'ultimo modo di reagire porta ad atteggiamenti aggressivi e ad un acuirsi del problema nonché il suo cercare di rimuoverlo senza risolverlo renderà solo più terribile il magone che uno si porta dietro.
Sentirsi falliti non è un dramma ma se non si affronta si rischia veramente di essere dei falliti.
Il motivo per cui scrivo un messaggio del genere è perché mi pare che troppo spesso si leggano su internet che parlano dei problemi in modo generale come se si riferissero solo ad altri e invece ritengo doveroso dire che io per prima soffro di tutto quello di cui parlo :)
PS: L'incipit iniziale è lo spunto che mi ha scatenato la voglia di scrivere questo messaggio, l'autore di quel messaggio per me è uno sconosciuto e non ho la più pallida volontà di analizzare la sua storia o le sue motivazioni. ( Tra l'altro manco ho capito che ha detto:D)